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27 settembre 2004

Incendio Duomo Torino: cinque condanne

Agli inquirenti arrivarono all’inizio una raffica di rivendicazioni false e fuorvianti, tra cui quella di un possibile attentato legato alla presenza a Torino del segretario dell’Onu Kofi Annan, ma l’incendio che devastò nell’aprile del 1997 il Duomo di Torino, ed in particolare la seicentesca cappella del Guarini dove era custodita la Sacra Sindone, fu causato solo da un intreccio di colpe legate al cantiere di restauro presente nella Cattedrale. Un tesi sostenuta dal pm Giuseppe Ferrando, che accusava di cooperazione in incendio colposo undici persone, e oggi dal giudice Giorgio Semeraro che, in primo grado, ha condannato cinque persone (quattro dipendenti della ditta Fantino di Cuneo incaricata dei lavori e un custode del vicino Palazzo Reale) e ne ha assolte sei. Le pene maggiori, dieci mesi di reclusione, sono state inflitte a Giuseppe Pepino e Flavio Massa, direttore tecnico e assistente di cantiere fino al 7 marzo 1997, mentre Flavio Sironi (assistente di cantiere dal 7 marzo 1997) e Martino Viale (caposquadra) sono stati condannati a otto mesi. Stessa pena è stata inflitta anche alla guardia di Palazzo Reale Vincenzo Giordano. Sono invece stati assolti per non avere commesso il fatto gli altri cinque custodi sotto accusa: Antonino Lo Presti, Graziella Falcetta, Enrica Raviola, Antonino Giovinazzo e Salvatore Brancata. Assolto, perché il fatto non sussiste, anche Vincenzo Ciano, l’artigiano che per conto della Fantino allestì l’impianto elettrico all’interno del cantiere, limitandosi a seguire le indicazioni dell’azienda. Per quest’ultimo era già stata chiesta l’assoluzione, mentre per tutti gli altri dieci imputati l’accusa aveva chiesto condanne tra gli 8 e i 12 mesi. Secondo il pm Ferrando, nel cantiere del restauro, montato nella cappella del Guarini, la sera del rogo rimase della “tensione elettrica” (forse una lampada lasciata inavvertitamente accesa o un corto circuito) che determinò un “innesco lento” tra le tonnellate di assi di legno. I custodi non diedero l’allarme in tempo utile e Giordano, in particolare, fu il primo che andò nelle soffitte del vicino Palazzo Reale (anch’esso danneggiato dal rogo), ma non si accorse delle fiamme. Tesi contestate dalle difese, che hanno invece sempre sostenuto che dietro l’episodio ci potevano essere scenari più inquietanti, vista anche la presenza del segretario dell’Onu Kofi Annan ad una cena di galà nell’attiguo Palazzo Reale.



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