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05 marzo 2005

Rapimento Sgrena: gioia e dolore a Masera

Mamma Antonietta si leva gli occhiali e si asciuga le lacrime. Papà Franco, sul tavolo della cucina, imbandito con una bandiera della pace, non alza gli occhi dal televisore: “Finalmente l’ho vista. Finora solo parole, adesso ho potuto vedere che è viva, molto provata ma viva”. Sono le emozioni di un padre e di una madre che hanno appena visto le immagini della figlia ferita ma viva e libera, di nuovo in Italia ad un mese dal sequestro in Iraq. Sono emozioni forti per due persone anziane, temprate da mille esperienze ma che certo non si aspettavano un’esperienza così drammatica. “È passato un mese ma è come se fosse ieri” dice l’anziano genitore, un montanaro che ne ha viste tante da partigiano, da contrabbandiere ed infine da sindacalista ferroviere e che sognava una vecchiaia serena nella sua villetta sulla strada provinciale che da Masera porta al Sempione. Ed invece, quella figlia giornalista che gira il mondo per raccontare le sofferenze dei popoli, da anni lo tiene in continua apprensione. E la vicenda del rapimento non ha fatto che accentuare i suoi malanni: prima una terribile lombosciatalgia che lo ha quasi immobilizzato e poi quella pressione che se ne va sempre troppo in su. La sveglia ieri è suonata molto presto a casa Sgrena. Erano le 5.30 e c’era Giuliana al telefono, chiamava da Baghdad: le ha risposto il fratello Ivan. “Mi ha detto sto bene, arrivo stamattina in Italia, un abbraccio a mamma e papà….” ripete trafelato il fratello mentre parte per Roma. Ivan con la moglie Claudia sono infatti partiti in elicottero dal campo sportivo di Masera alla volta di Linate e poi in aereo verso Ciampino per accogliere Giuliana. La stanchezza e lo stress, invece, hanno impedito ai genitori di correre a Roma ad abbracciare la figlia. Ma anche dopo aver visto la figlia viva, in tivù, non c’è gioia in casa Sgrena, la felicità per la liberazione della figlia è offuscata dal dolore per la morte dell’agente del Sismi “Vorrei abbracciare quella famiglia…. quel Nicola è morto per salvare mia figlia, davvero un grand’uomo” dice Franco, e lui – che ha fatto il partigiano – sa cosa vuol dire salvare un’altra persona. Per tutto il giorno a casa Sgrena è un via vai di persone: chi porta un biglietto, chi un mazzo di mimose, chi un semplice abbraccio. Tra le tante visite molto gradite quella di don Renato Sacco, prete verbano di Pax Christi, accompagnato da mons. Louis Sako, vescovo caldeo. Ed è a loro che l’anziano genitore confida d’aver già perdonato i sequestratori della figlia: “Sono stato partigiano – dice – so cosa vuol dire lottare per la libertà della propria terra. Fin dall’inizio ho sempre pensato che si trattasse di un sequestro politico e sulla tragica conclusione non sapremo mai la verità”. Impossibile prevedere quando i genitori potranno abbracciare la figlia. Qui la aspettano con ansia, ma bisogna capire quando le condizioni di salute di Giuliana consentiranno il viaggio nell’Ossola. Forse è più facile prevedere che siano i genitori ad andare a Roma per quell’incontro tanto atteso.



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