Furto a Stupinigi: sicurezza sotto accusa
Si poteva fare di più per impedire il clamoroso furto alla Palazzina di Caccia di Stupinigi. Il principale accusato al momento è il sistema di sorveglianza elettronico, molto moderno ma incapace di segnalare con efficacia i pericoli reali. Non solo il congegno non era collegato ai centralini delle forze dell’ordine ma a quanto pare era solito a malfunzionamenti: spesso entrava in azione per futili motivi, come la presenza di topi o colombi. L’altra notte, quando è scattato, il custode ha fatto un controllo, non ha notato alcunché di anomalo e forse ha pensato ad un malfunzionamento. Intanto nessuna traccia degli autori del furto ed è ancora difficile stimare con esattezza l’entità della refurtiva. Di sicuro si tratta di un gruppo ben organizzato, che probabilmente ha agito su commissione. Le opere trafugate infatti sono oggetti catalogati e noti in tutto il mondo del collezionismo e dunque impossibili da vendere all’asta. Sono spariti i mobili di Pietro Piffetti, di Luigi Prinotto, di Giuseppe Maria Bonzanigo, scrivanie, cassettoni intarsiati dagli ebanisti di Casa Savoia, le cui opere sono introvabili nel mercato antiquario e che hanno valori di centinaia di migliaia di euro. I ladri non hanno risparmiato neanche alcune specchiere monumentali e quattro quadri del Seicento.