Per i giudici d’appello ad uccidere Matilda sarebbe stato il patrigno
Sarebbe stato Antonio Cangialosi ad uccidere la piccola Matilda il 2 luglio del 2005 a Roasio in provincia di Vercelli e non la madre Elena Romani. E si sarebbe trattato di un delitto “insensato e feroce” scrivono i giudici della Corte d’Appello di Torino nelle motivazioni della sentenza con la quale – nel dicembre scorso – hanno assolto la donna dall’accusa di omicidio. E aggiungono “non è stato capace di comprendere che si trovava di fronte ad una bambina delicata priva di difesa ma il suo comportamento non può dirsi quello di un mostro”. Nelle 165 pagine ricostruiscono quel giorno d’estate: in casa c’erano la bimba la madre e il suo compagno Cangialosi – prosciolto durante le indagini preliminari – ma su cui la stessa Elena Romani ha ancora degli interrogativi – “In quel giorno c’eravamo solo noi due. Io non ho ucciso Matilda”.
A provocare la morte della bambina che aveva 22 mesi fu il gesto di un adulto – si legge ancora – qualcuno che le schiacciò con forza la schiena forse con un piede.
La Procura di Vercelli ritenne che ad agire fosse stata la madre che invece fu assolta in primo grado e in appello. “Una cosa inconcepibile” replica il difensore di Cangialosi Sandro Delmastro delle Vedove. “I giudici dovevano pronunciarsi solo sulla colpevolezza della donna e non attribuirla ad una persona non presente nel processo”.