Bertone: Barbara licenziata, pesanti liti in famiglia
La dinasty Bertone è ormai una guerra a tutto campo. Barbara è stata cacciata via dall’azienda su ordine della madre Lilli: la lettera con cui le viene comunicata “la sospensione cautelativa da dirigente” le è stata consegnata dal capo del personale, Vincenzo Tutino, che l’ha poi accompagnata alla porta. Tra cinque giorni le verrà detto se si tratta di un licenziamento. Tutto questo nello stesso giorno in cui i 1.300 lavoratori si sono presentati in fabbrica, dopo due anni e mezzo di cassa integrazione, per mettersi a disposizione dell’azienda. La Bertone, che ha assicurato il pagamento degli stipendi, ha tuttavia messo in libertà gli operai in assenza di attività lavorativa. La sospensione di Barbara, alla quale erano già state tolte tutte le procure operative come direttore generale, “è stata assunta – spiega una nota diffusa dall’azienda – per il grave comportamento della dottoressa Bertone, in deciso conflitto di interessi e in aperto contrasto con le strategie di rilancio industriale intraprese dalla presidenza”. È la risposta alla mossa di ieri di Barbara che aveva diffidato la madre, tramite il suo legale, dall’assumere alcuna iniziativa sul futuro della Bertone “perché attualmente priva di ogni potere decisionale” spiegando che il 17 dicembre i soci della Nube, la finanziaria che controlla il gruppo, le hanno revocato tutti i poteri di amministrazione di cui disponeva. “Un gesto impulsivo, molto brutto anche per il modo in cui è stato compiuto. Sono rimasta a bocca aperta”, commenta Barbara. Il nodo della proprietà della Bertone rimane quello centrale e su questo la battaglia legale è solo agli inizi. Ma i tempi sono stretti perché il 24 gennaio è fissata l’udienza al Tribunale Fallimentare. Al di là dei progetti e dei fondi realmente a disposizione di Reviglio rimane da capire se Lilli Bertone ha davvero i poteri per cedere l’azienda o se, come dicono le figlie, non può assumere alcuna decisione. “Mi sembra grande la confusione sotto il cielo – afferma il segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo – non sappiamo se gli atti che sono stati compiuti sono certi visto che gli stessi azionisti hanno opinioni diverse. Quanto al piano industriale è sconosciuto”.