09 febbraio 2022

IL PIEMONTE E LA BRECCIA DI PORTA PIA

BRECCIA PORTA PIA

Con la guerra franco-prussiana del 1870, 150 anni fa, i francesi lasciano indifesa Roma. Vittorio Emanuele II e il governo italiano ne approfittano. Il 20 settembre 1870 alle 5,15 l’artiglieria piemontese cannoneggia Porta Pia, Tre archi, Porta Maggiore. Attraverso la «breccia» di Porta Pia, si infilano i bersaglieri, comandati dal generale di Novara Raffaele Cadorna. Alle 9,30 i difensori alzano bandiera bianca. Pio IX ordina al generale tedesco Hermann Kanzler di opporre una resistenza «pro forma»: 56 morti e 41 feriti tra gli italiani; 20 e 49 tra i pontifici. Roma occupata, potere temporale finito, Stato Pontificio perso. Pio IX scrive al «caro nipote Luigi, tutto è finito. Senza libertà non si governa la Chiesa. Pregate per me». Lascia il Quirinale – dove si insedierà il re – e si rifugia in Vaticano.

Da tempo gli assertori dell’unità d’Italia spingono il governo e il re a rompere gli indugi. Il 16 agosto cominciano i preparativi «per andare a Roma». Il 9 settembre l’inviato del governo, senatore conte Gustavo Ponza di San Martino, dopo uno scomodo viaggio in treno da Firenze, giunge a Roma; il 10 consegna due lettere, una al Papa e una al cardinale segretario di Stato Giacomo Antonelli: «Non potendo il governo contenere l’ardore delle aspirazioni nazionali e le agitazioni del partito detto di azione, è costretto a occupare Roma e il rimanente del suo territorio». In sostanza preannuncia l’invasione ma Pio IX non scende a patti.  e sdegnosamente rifiuta. Il 12 settembre le truppe italiane entrano nello Stato Pontificio; il 14 raggiungono la periferia di Roma e intimano la resa ai difensori comandati da Kanzler. Il 19 settembre il cattolico Cadorna tenta, attraverso il barone Arnim von Suckow, di convincere il Papa ad aprire le porte. Il 20 all’alba ordina i bombardamenti e comanda l’attacco attraverso Porta Pia. Alle 10,55 è tutto finito. Il 2 ottobre il plebiscito (138.681 sì, 1.507 no) sancisce l’annessione di Roma e del Lazio al Regno d’Italia.

Nell’enciclica «Respicientes ea» (1° novembre 1870) e nei documenti successivi in latino e in italiano definisce l’occupazione «ingiusta, violenta, nulla e invalida, gran sacrilegio e la più grande ingiustizia commessa da un re cattolico senza provocazione»; scomunica Vittorio Emanuele Il e quanti hanno collaborato all’usurpazione. Il 31 dicembre il re raggiunge Roma in visita privata con il pretesto di verificare i danni di un’alluvione del Tevere: «Finalment ji suma, Finalmente ci siamo» trasformato dalle cronache cortigiane in «Ci siamo e ci resteremo». Il 22 gennaio 1871 la Camera inizia a discutere il comportamento da adottare nei confronti del Pontefice e della Santa Sede. Con la «legge delle Guarentigie» (13 maggio 1871) l’Italia offre al Pontefice un risarcimento annuo di 3 milioni e 250 mila lire. Ma il cardinale Antonelli non vuole neppure vedere il documento di chi «ha spogliato il Papa dello Stato e della capitale» e Pio IX rifiuta la legge «unilaterale»

La legge delle Guarentigie si ispira al principio «libera Chiesa in libero Stato» del piemontese conte Camillo Benso di Cavour. Queste garanzie prevedono: prerogative e poteri sovrani in base ai quali la persona del Papa è sacra e inviolabile; il diritto di mantenere guardie armate; il libero esercizio del potere spirituale; la piena libertà di comunicare in Italia e all’estero e di inviare e ricevere ambasciatori; l’indipendenza del clero da ogni controllo e il suo diritto di riunione; l’abolizione del giuramento dei vescovi al re; la rendita annua di 750 mila lire; l’extraterritorialità e l’immunità delle residenze (Vaticano,  Laterano, Castel Gandolfo) e una dotazione di 3.225.000 lire.

Il Pontefice, il 15 maggio 1871 respinge sdegnosamente la «legge delle Guarentigie» con l’enciclica «Ubi nos» e si dichiara «prigioniero politico» del Regno d’Italia.

Il 1° luglio 1871 la capitale Regno d’Italia è trasferita a Roma, dopo essere stata quattro anni a Torino (1861-1864) e sei anni (1865-1871) a Firenze.

Si dovrà aspettare il 1929 con i Patti Laternensi per arrivare a una sorta di pace fra Chiesa e Stato italiano.

Pier Giuseppe Accorrnero



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