CERCA E CAVA DEL TARTUFO PATRIMONIO UNESCO

Un insieme di conoscenze e pratiche trasmesse oralmente nel corso dei secoli, tutt’ora caratterizzanti la vita rurale di diverse comunità diffuse in tutto il territorio italiano” questa la motivazione ufficiale che ha portato la ricerca e la cava del tartufo ad ottenere il riconoscimento di Patrimonio Immateriale dell’ Unesco.
Quindi non solo il delizioso prodotto che gli abili cercatori scovano nel sottosuolo, ma tutto quel mondo che gravita attorno alla cerca e alla cavatura dei tartufi. Un patrimonio tutto italiano che vede nelle Langhe attorno ad Alba, ma anche nell’ Umbria, nelle Marche, nell’ Irpinia altre zone ad alta vocazione tartufigena. Un sapere che si perde nei tempi, come conferma Roberto Ponzio, figlio di uno dei primi trifolao, e fondatore ad Alba di un museo dedicato proprio al tartufo: “Si comincia negli anni 20-30 ma il vero boom arriva negli Anni Sessanta… importante il riconoscimento Unesco per la valorizzazione di un prodotto che va tutelato e salvaguardato”
Saperi e segreti che i cercatori di tartufi si passano di padre in figlio, di generazione in generazione: “Tartufai un po’ si nasce, c’è qualcosa che ti trasmettono i genitori e i nonni” ricorda Tino Maiolo, president4e Trifolao del Roero.
La cerca e la cavatura del tartufo dovrebbero seguire anche regole ben precise per il rispetto dell’ ambiente, dei terreni e dei boschi, occorre stare attenti al bracconaggio, a chi arriva nei week end con le vanghe e raspa via tutto. Il trifolao tiene puliti i boschi, lavora per la tutela dell’ ambiente, quando raccoglie un tartufo fa attenzione a richiudere il buco bene, lasciando le spore, così l’ anno successivo rinasce un tartufo.
L’ Unesco implicitamente ha consegnato il riconoscimento di Patrimonio Immateriale anche ai tabui, ai cani da tartufi: possono arrivare a costare anche 7-10-15mila euro, ma un vero trifolao non lo venderebbe mai.