12 novembre 2025

80 ANNI FA MORIVA IL POETA NINO COSTA

CostaNino

Ottant’anni fa, il 5 novembre 1945, moriva Nino (Giovanni) Costa, uno dei principali esponenti della letteratura piemontese. Nasce a Torino il 28 giugno 1886 da padre canavesano – era stato emigrante in Argentina –  e da madre monferrina. Per compiacere i genitori si iscrive a Veterinaria, ma si laurea poi in Lettere e Filosofia all’Università di Torino. Trascorre alcuni anni a Parigi: compone in francese e poi in italiano e, infine, in piemontese. Rientrato, insegna per un breve periodo prima di vincere un concorso alla Cassa di Risparmio di Torino dove lavora per 34 anni. Nel 1918 sposa l’amata Ercolina; hanno tre figli: Maria Antonietta, Celestina e Mario. Il dolore per la morte del figlio, partigiano deceduto combattendo, lo conduce alla morte nel 1945. Padre e figlio sono sepolti, vicini, a Ciriè.

Il sindaco di Torino, Giuseppe Grosso, nel 1957 inaugura una lapide sul fronte della casa di via Giacomo Bove 14, alla Crocetta, dove il poeta abitò e morì. La città intitola al suo nome una scuola primaria statale e dedica una stele al parco del Valentino.

Dieci anni fa, all’Angelus dopo la Messa a Torino in piazza Vittorio Veneto, viene fuori la piemontesità di Papa Francesco: la sua famiglia arriva da Portacomaro (Asti). Jorge Mario Bergoglio cita il poeta Nino Costa che scrive del popolo piemontese come di «razza nostrana libera e testarda». Conosce la poesia in piemontese che ha imparato dalla celebre nonna Rosa e la conserva in mezzo al breviario. «Rassa nostran-a» è dedicata «Ai Piemontèis ch’a travajo fora d’Italia. Ai piemontesi che lavorano fuori d’Italia» è forse l’affresco più lucido e appassionato delle emigrazioni che hanno interessato il Piemonte da fine Ottocento alla seconda metà del Novecento: i nonni paterni e il papà del Pontefice nel 1929 emigrarono in Argentina.

Nella sua poesia si manifesta credente, come risulta dal testamento di un buon cristiano. Una delle poesie più famose e più care ai torinesi è «La Consolà, la Madòna ‘d Turin. La Consolata, la Madonna di Torino» – della quale descrive il sorriso  «da mama con so cit an brass, da mamma con il suo bambino in braccio – poema che esprime la devozione antica e profonda per la Madonna «consolata e consolatrice» alla quale ci si rivolge «quand u sangiut afan grop drinta la gola, quando il dolore colpisce e il pianto prende alla gola» nei momenti di angoscia e sconforto. Affranti e fidenti, accorrono tutti, dai bei palazzi come dai miseri tuguri della città, ricchi e poveri, giovani e vecchi, ignoranti e dotti. Definisce gli ex voto – sono migliaia nell’apposita galleria, i più antichi risalgono al Settecento – «brut e pien ëd poesìa / ch’i seve gòff e pien ëd sentiment, brutti e colpi di poesia / che siete goffi e pieni di sentimento». Il poeta muore non ancora sessantenne.

Pier Giuseppe Accornero



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