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08 marzo 2008

In Piemonte meno cause di nullità matrimoni ma più litigi

“La celebrazione del matrimonio, oggi, è spesso lussuosa, ma è come una bella cornice senza il quadro. Si bada troppo al contorno e troppo poco al contenuto”. Don Ettore Signorile, nuovo Vicario giudiziale del Tribunale ecclesiastico piemontese, ha usato questa metafora per introdurre, all’inaugurazione del 69° anno giudiziario, il bilancio dell’attività svolta nel 2007, contraddistinto da un calo delle cause di nullità ammesse in primo grado (143, dodici in meno del 2006), 99 quelle introdotte in appello (25 in meno), “a fronte del vertiginoso aumento delle separazioni coniugali e dei divorzi civili in tutta la regione”. La relazione annuale ha evidenziato un calo di matrimoni celebrati (sempre più civili e sempre meno religiosi) e nelle cause di annullamento, un aumento della litigiosità delle parti, “contrasti – ha detto il Vicario – che non riposano sull’amore di verità ma si fondano su motivi assai meno nobili”. Delle 134 cause decise con sentenza dal Tribunale ecclesiastico di prima istanza, nel 72% dei casi è stata constatata la nullità del matrimonio, con un aumento dei responsi negativi. “Tra le motivazioni ci sono più simulazioni che cause d’immaturità”, ha spiegato Signorile. Su 215 motivazioni prese in esame, 119 appartengono a questa fattispecie e le simulazioni più ricorrenti sono l’esclusione dell’indissolubilità e della prole. In costante crescita le motivazioni di natura psicologica. “La stragrande maggioranza di chi ricorre al Tribunale non è certo costituita da persone ricche e famose”, ha sottolineato il Vicario. Il 34,7% delle cause è stata intentata da impiegati, il 18,6% da professionisti, il 14,9% da artigiani e commercianti. Il 2007 è stato caratterizzato da un leggero decremento del numero complessivo di processi conclusi: 290 a fronte di 302 nel 2006. Ma questo va messo in relazione con il sensibile calo del numero di cause introdotte e la diminuzione di quelle pendenti (308 contro le 340 del 2006). Una causa viene definita in media entro due anni: solo 3 dei processi celebrati hanno avuto una durata inferiore ai 6 mesi, mentre 38 sono durati più di 24 mesi. “Nel linguaggio comune stanno sparendo le parole “marito” e “moglie”, sostituite da “compagno” e “compagna”. Non sono la stessa cosa. Bisogna stare attenti ai termini che si usano perché il linguaggio determina importanti trasformazioni culturali”. È la riflessione dell’arcivescovo di Torino, Severino Poletto, a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2008 del Tribunale ecclesiastico piemontese.

 



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