Proprio nei giorni in cui alla Fiera del Libro di Torino si proietta “La classe operaia va all’inferno”, il film sulla tragedia della ThyssenKrupp, la Procura di Torino chiede il rinvio a giudizio per sei indagati ritenuti responsabili del rogo avvenuto il 6 dicembre dello scorso anno nello stabilimento in cui morirono sette persone. Una chiusura in tempi record dell’inchiesta condotta dai pm Raffaele Guariniello, Francesca Traverso e Laura Longo, a cinque mesi e due giorni dall’accaduto. Sperano di avere giustizia i familiari dei morti, anche se, dicono, tutto questo “non ci restituirà i nostri cari”. Di omicidio e incendio con dolo eventuale dovrà rispondere, se il gip accorderà le richieste della procura, Harald Espenhahm, 42 anni, amministratore delegato per l’Italia della multinazionale dell’acciaio: doveva mettere a norma lo stabilimento torinese, ma non lo ha fatto perché di lì a pochi mesi gli impianti sarebbero stati trasferiti a Terni, e così ha “accettato il rischio” che succedesse un disastro. Il rischio che corre adesso, però, è quello di una condanna a 21 anni di carcere – questa la pena prevista – con un piccolo sconto a discrezione del giudice. Meno gravi, ma solo di poco, le accuse per gli altri cinque personaggi. I consiglieri delegati Marco Pucci e Gerald Priegnitz, 50 e 42 anni, il dirigente ternano Daniele Moroni (48), il direttore dello stabilimento subalpino Giuseppe Salerno (55) e il responsabile servizio previsione rischi Cosimo Cafueri (52) faranno i conti con l’omissione volontaria di cautele contro gli incidenti e l’omicidio colposo con colpa cosciente. L’azienda è indagata in qualità di “persona giuridica” nella figura del legale rappresentante, Jurgen Hermann Fechter.

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