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04 settembre 2008

Calopresti, film su Thyssen per non dimenticare

L’ultima scena, dopo 90 minuti di racconti, testimonianze, emozioni, lascia senza fiato e le lacrime, respinte fin lì, non riescono a trovare più intralcio: registrata dal 118 di Torino c’è la voce vera, presa da internet confiderà poi il regista Mimmo Calopresti, dell’operaio che come altri sei morirà arso vivo nella maledetta linea 5, quella con gli estintori vuoti e senza via di scampo all’acciaieria ThyssenKrupp. Urla la disperazione, la voglia di vivere ma invano e resta l’inadeguatezza di chi è rimasto, di chi non si è impegnato abbastanza (il sindacato) per la sicurezza, di chi ha permesso quello smantellamento senza controllo, di chi ha svenduto i diritti del lavoro per le logiche senz’anima delle multinazionali. “La fabbrica dei tedeschi”, con un prologo di fiction e le vere testimonianze di familiari e colleghi, è il racconto di quello che è stato il nostro 11 settembre. “Il cinema, Gomorra ce lo ha ricordato – dice con passione Calopresti, calabrese di origine, famiglia operaia alla Fiat di Torino – ci porta dentro la realtà in maniera potente, più di qualsiasi altro mezzo. Io a questa storia non ho potuto dire di no, non è l’autore fighetto che scende in campo ma il cineasta che crede in questo mezzo per elaborare il dolore, per emozionare. E, pur nella tragedia, mi ha riconquistato alla vita, mi ha dato voglia di lottare”. Il film comincia in bianco e nero con attori – Monica Guerritore, Valeria Golino, Silvio Orlando, Luca Lionello, Rosalia Porcaro, Vincenzo Russo, Giuseppe Zeno (tutti con cachet devoluto alle famiglie degli operai) – ad interpretare mogli, madri, padri, fratelli nel momento del saluto che poi diventerà quello dell’addio: sono gli attimi prima di banale quotidianità, la sveglia, il caffè, una telefonata, un sorriso, prima di entrare in fabbrica per quell’ultimo turno di notte. Poi le testimonianze: colpisce tra tutte quella di una giovane vedova, tre figli piccoli da crescere, una dignità che lascia senza fiato, inquadrata da Calopresti quasi sempre solo di occhi, con uno sguardo che nessun attore avrebbe mai saputo interpretare. I familiari degli operai “non l’hanno ancora visto, per loro sarà dura, ma ci saranno all’anteprima a Torino”, dice Calopresti che ha evitato le lacrime facili realizzando un documento asciutto fino all’esplosione finale”.



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