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14 ottobre 2008

Lavazza cresce e si rafforza all’estero

La Lavazza, leader nel mercato italiano del caffè con una quota del 48%, si rafforza all’estero e punta ad essere sempre più internazionale. I ricavi del gruppo dovrebbero raggiungere quest’anno il valore di un miliardo e cento milioni di euro, con un incremento del 7% rispetto al 2007: risultato conseguito grazie a una crescita stimata intorno al 20% nei mercati stranieri. I conti e le strategie della società sono stati illustrati dal vicepresidente Giuseppe Lavazza, in occasione della presentazione a Villa Miani, a Roma, del calendario Lavazza 2009 che ha come protagonista il “made in Italy”, interpretato dalla grande fotografa americana Annie Leibovitz. Obiettivo dell’azienda, che conta complessivamente 3.490 dipendenti, è arrivare nei prossimi tre anni a realizzare all’estero il 50% dei ricavi (oggi la quota è intorno al 40%). Punto di forza sono i Paesi dell’Europa dell’Est, in particolare Polonia, Bulgaria, Romania e Russia, che rappresentano un quarto della quota export: “Vorremmo consolidare ancora la nostra presenza, anche grazie a qualche acquisizione”, spiega Giuseppe Lavazza. Lo sguardo è rivolto anche all’India, dove la presenza è già rilevante e l’intenzione è di sviluppare unità-produttive per rifornire soltanto il mercato locale, ma anche al Sud America, in particolare, al Brasile. E il sogno resta quello di una presenza negli Usa “che potrebbe diventare un’opportunità non appena si saranno diradate le nubi attuali”. La produzione della Lavazza, la cui guida operativa a giugno è stata affidata all’amministratore delegato Gaetano Mele, supera i 2.300.000 sacchi di caffè, pari a oltre un milione di quintali, in crescita del 4% circa. E, ogni anno, gli investimenti in attività industriali si aggirano sui 50 milioni di euro. Il 2008 dovrebbe presentare un utile netto consolidato sui livelli dell’anno scorso, quando era stato di 68,5 milioni di euro, stabilità dovuta al forte incremento dei prezzi della materia prima solo in parte compensato con l’aumento dei prezzi, alla stagnazione dei consumi ma anche alla volontà di non tagliare i piani di sviluppo previsti.



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