29 NOVEMBRE 1902 – Nasce a Torino Carlo Levi.
La sua è una famiglia della borghesia ebraica cittadina, sin da ragazzo dimostra un grande interesse per la pittura, passione che coltiverà per tutta la vita, con risultati importanti.
Terminati gli studi liceali si iscrive alla facoltà di Medicina e, proprio nel periodo universitario, conosce Pietro Gobetti che gli chiede di collaborare alla rivista La Rivoluzione Liberale e lo introduce alla scuola pittorica di Felice Casorati che raggruppa l’avanguardia pittorica torinese.
Carlo Levi, in quest’ambiente ricco di stimoli, ha la possibilità di frequentare Cesare Pavese, Antonio Gramsci, Giacomo Noventa, Luigi Einaudi; ma anche personaggi che saranno fondamentali per la sua crescita pittorica come Edoardo Persico, Luigi Spazzapan, Lionello Venturi. Nel 1923 si reca per la prima volta a Parigi e, per la prima volta, entra in contatto con la pittura di Modigliani, dei Fauves e di Soutine. Le loro opere gli trasmettono un forte impulso alla ribellione contro la retorica fascista, allora cultura ufficiale in Italia. Durante questo viaggio scrive il primo articolo sulla pittura per la rivista Ordine Nuovo. Nello stesso anno si laurea e diventa assistente alla Clinica Medica dell’Università di Torino: occuperà questa posizione fino al 1928 ma non eserciterà mai la professione di medico, preferendo definitivamente la pittura e il giornalismo. L’amicizia e l’assidua frequentazione con Felice Casorati influenzeranno l’ arte del giovane Levi, ma altri viaggi a Parigi lo porteranno a ad avere forti cambiamenti stilistici.
Levi considera la pittura espressione di libertà e, in modo coerente con le sue idee, si contrappone non solo formalmente ma anche sostanzialmente alla retorica dell’arte ufficiale sempre più sottomessa al conformismo del regime fascista, e giudica “modernismo ipocrita” le idee del movimento futurista.
Nel 1931 aderisce alle idee del movimento antifascista “Giustizia e libertà” fondato da Carlo Rosselli. Nel 1934 Carlo Levi è arrestato per sospetta attività antifascista, sconta qualche mese di carcere ma l’anno successivo è nuovamente fermato e condannato al confino in Lucania nel piccolo paese di Grassano, successivamente è trasferito ad Aliano (Matera). Dall’incontro con la realtà del Sud nascerà il suo romanzo più famoso: Cristo si è fermato ad Eboli, il testo verrà adattato al cinema e alla televisione nel 1979, grazie ai registi Francesco Rosi e Gillo Pontecorvo.
Nel 1936, in seguito alla conquista dell’Etiopia, Levi è graziato. Si trasferisce in Francia per alcuni anni senza abbandonare l’attività politica, rientra in Italia nel 1943 e aderisce al Partito d’Azione.
Nel 1945 la casa editrice Einaudi mette in stampa Cristo si è fermato ad Eboli: nel libro Levi denuncia le condizioni di vita disumane della popolazione contadina, dimenticata dalle istituzioni e dallo Stato, alle quali “neppure la parola di Cristo sembra essere mai giunta”. Levi continuerà anche nel dopoguerra la sua attività di giornalista partecipando attivamente a iniziative e attività politico- sociali sull’arretratezza del Mezzogiorno d’Italia e per molti anni collaborerà con La Stampa. Il suo impegno nella scrittura non toglie luce e interesse alla pittura, anzi, l’esperienza e la conoscenza del Sud traspare e influenza anche in modo positivo la sua arte.
Carlo Levi muore a Roma il 4 gennaio 1975, e viene sepolto ad Aliano (Matera) dove aveva promesso di tornare.